Taxus baccata: Albero della morte e della vita – Parte 1-

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In un ipotetico Pàntheon arboreo, antologia dei principali alberi nella cultura occidentale, il ruolo di Giove, padre degli Dei, sarebbe sicuramente appannaggio della maestosa Quercia. Al suo fianco siederebbero Castagno, Faggio, Abete bianco, Acero, Olmo, Cedro e Frassino maggiore. Tuttavia il fratello di sangue, il secondo degno della sua destra sarebbe certamente il Tasso, verosimilmente impersonando Plutone. E tra i cinque fratelli di Giove la scelta di Plutone non è casuale poiché questa sinistra conifera è stata sempre vestita con l’abito lugubre e triste della morte.

Ovidio (43 a.C. – 17 d.C) nel Libro IV del Metamorphoseon scrisse: “est via declivis, funesta nubila taxo: ducit ad infernas, per muta silentia, sedes” – “C’è un sentiero in declivio che fra le tenebre di tassi funerei conduce agli Inferi in un silenzio di tomba”. Publio Papinio Stazio (45 d.C. – 96 d.C.) nel poema epico Tebaide racconta che le tre Furie infernali, o Erinni, si presentarono a Proserpina con fiammeggianti fiaccole in legno di tasso. Una delle immagini più orride ci è stata lasciata da Silio Italico (25 d.C – 101 d.C.) il quale nel poema Punica descrive un imponente albero di tasso che distende la sua chioma verso destra e viene irrigato dal sangue del fiume Cocito. L’albero ospita tra le fronde numerosi gufi, un avvoltoio mangiatore di cadaveri e lo Strige dalle ali macchiate di sangue, ogni foglia porta un nido di Arpie e tutto l’albero è pervaso dei loro stridii.

Quali ragioni hanno permesso il nascere e il diffondersi di questa mesta nomea, di quali peccati si sarà mai macchiato il Tasso, tanto da essere unanimemente conosciuto come Albero della Morte? Seguiteci in questa ricerca oltre il tempo e lo spazio alla scoperta dell’immortale tasso.

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